La Domenica delle Palme
L’evangelista Giovanni descrive l’ingresso di Gesù a
Gerusalemme, il figlio di Dio viene riconosciuto come Messia e viene acclamato
dalla folla che agita rami di Palma come segno di regalità e simbolo di
trionfo.
In Sardegna, nelle pianure, il Cristianesimo era diffuso
come in tutto il Mondo allora conosciuto. C’era solo una zona, quella montana,
quella parte dell’isola così difficile da sottomettere che adorava tronchi
d’albero, pietre, forze della natura la Dea Madre e il dio Tor. Siamo ai tempi
di Papa Gregorio Magno, ai tempi dell’imperatore Maurizio Tiberio, tempi in cui
Sardegna e Corsica facevano parte dell’esarcato d’Africa. Tutto inizia allora, con una lettera scritta
dal 64° vescovo di Roma al Dux Hospitone capo supremo delle civitates barbarie:
Poiché nessuno della
tua gente è Cristiano, per questo so che sei il migliore di tutto il tuo
popolo: perché sei Cristiano. Mentre infatti tutti i Barbaricini vivono come
animali insensati, non conoscono il vero Dio, adorano legni e pietre, tu, per
il solo fatto che veneri il vero Dio, hai dimostrato quanto sei superiore a
tutti. Ma dovrai mettere in atto la Fede che hai accolto anche con le
buone opere e con le parole, e al servizio di Cristo, in cui tu credi; dovrai
impegnare la tua posizione di preminenza, conducendo a Lui quanti potrai,
facendoli battezzare e ammonendoli a prediligere la vita eterna. (Gregorio Magno, Epistula ad
Hospitonem)
Tutto inizia con questa lettera, e
il popolo Barbaricino da pagano diventa monoteista,Cristiano.
La sacralità, la devozione assoluta si può
toccare con mano in questo territorio. La domenica delle Palme credo sia quella che in assoluto metta in risalto la
grande religiosità che la distingue da tutte le altre giornate cristiane. A
Desulo, ogni anno, l’appuntamento è nella Chiesa del Carmelo di Ovolaccio, dove
ha inizio l’unica processione sacra che affascina chiunque la veda. Potrebbe
apparire agli occhi di un visitatore come la scena di un film. Ma non è la
scena di un film, è la tradizione millenaria che ancora vive nel cuore dei suoi
abitanti ad avere la meglio.
Un lungo corteo, dove a capo
procedono novanta donne vestite con il tipico abito tradizionale, quello da
festa, con grandi palme, intrecciate da abili mani, seguite da tutte la popolazione.
La cerimonia ha inizio nel rione di Ovolaccio, percorre tutta la via del paese
sino ad arrivare alla Parrocchia di Sant’Antonio nel Rione di Issiria. Non
credo ci siano parole per riuscire a descrivere lo spettacolo, il verde delle
montagne, il rosso dell’orbace i ricami in seta, e il silenzio al loro
passaggio.
Chissà cosa penserebbe oggi Papa Gregorio Magno nel vedere
che quel popolo di Montagna è diventato finalmente Cristiano ma venera il suo
Dio con l’antico abito ispirato alla dea Madre che completa il tutto con le
candele ispirate al Dio Tor. Penso che i nostri Avi ne sarebbero fieri.
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